Sostituzione protesi (al seno): Quando e Perché

21 Giugno 2023
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È una sorta di ‘pit stop’ (sosta ai box auto o motociclistica), ma è essenziale per la salute, oltre che alla bellezza del seno. Meglio prima, senza evidenti complicanze, con recupero più veloce.

È, in sintesi il pensiero di Maurizio Vignoli, specializzato in Chirurgia Plastica Estetica e Ricostruttiva.

Quando sostituirle? Valgono ancora i parametri temporali?

Sfatiamo un mito: le protesi non sono come gli alimenti che hanno una scadenza predeterminata. Tuttavia, come ogni nostro organo, subiscono dei cambiamenti nel tempo, al pari del fegato, dei reni o delle ossa. Il consumo consiste nell’assottigliamento e nella perdita di consistenza della ‘conchiglia’ che contiene il silicone, che può comportare una rottura della protesi, con conseguente spandimento del silicone verso l’esterno. Importante ricordare che le protesi degli ultimi 20 anni sono in un gel semisolido, quindi anche la rottura o una crepa nella conchiglia non distribuisce il silicone nell’organismo, ma la fa rimanere all’interno della capsula che l’organismo ha preparato, la cosiddetta capsula periprotesica. In questo caso parliamo di rottura intracapsulare, ossia che avviene all’interno della capsula. La crepa che si può formare è causata da traumi esterni, come una forte compressione che, con il passare del tempo aumenta la possibilità di una rottura intracapsulare. Quindi, in caso di protesi molto vecchie, è buona norma far eseguire delle mammografie con manovre attente e ‘garbate’ per non incentivare il pericolo.

Quindi, nel caso avvenga questa rottura, e il gel di silicone fuoriesca ma resti all’interno della casula naturale, cosa si può fare?

Se la microfrattura intracapsulare persiste nel tempo è possibile che avvenga anche una rottura extracapsulare. In questo caso si comincia a reperire del silicone nei tessuti circostanti. Un segnale di questo processo è riscontrabile nella presenza di residui di silicone nei linfonodi ascellari. Oggi si riscontra qualche caso di reperimento di tracce di silicone nel linfonodi dell’ascella, ma si tratta di casi davvero trascurati. Comunque il silicone è un materiale inerte, ricordo che il silicio è presente nella sabbia. Gli studi non hanno ad oggi riscontrato alcun danno a livello cancerogeno.

Qual è l’esame principe in questi casi?

Un’ecografia fatta in estrema accuratezza. Oppure, specie con protesi datate, per verificare la loro integrità è perfetta una Risonanza Magnetica Nucleare Mammaria senza liquido di contrasto. Si tratta di un esame diagnostico di secondo livello, complementare alla mammografia e all’ecografia mammaria.

Esistono dei sintomi della rottura intracapsulare?

Purtroppo, no. Per evidenziarli in tempo valgono sempre le indicazioni definite dalla letteratura medico scientifica internazionale in fatto di esami diagnostici radiologici, quindi ecografia e mammografia annuali. C’è un caso particolare: la contrattura capsulare ‘tardiva’. Quindi, la contrattura della capsula protesica, che rappresenta una complicanza della una mastoplastica additiva, in caso di protesi molto datate, rappresenta un evento abbastanza comune. Così la protesi s’indurisce e così il seno. Un cambio di consistenza della protesi rappresenta un campanello d’allarme. Si tratta spesso di casi di protesi con più di 20 anni di vita: i tessuti non più giovani appaiono lassi e poco consistenti mentre la protesi risulta più dura alla palpazione soprattutto nella parte superiore.

Ci sono evidenze scientifiche che testimoniano una propensione alla contrattura a seconda della superficie della protesi?

Negli anni le ricerche non hanno evidenziato un vantaggio nella prevenzione di questo fenomeno da parte delle protesi con superficie testurizzata (quindi rugose). Anzi, oggi si tende a usare protesi con superficie rugose ma molto sottili. Personalmente uso solo protesi Mentor e Polytech, entrambe conosciute per la loro sicurezza e affidabilità nel tempo. Teniamo presente che in un settore ad alta innovazione come questo, servirsi di prodotti ben collaudati, quindi con un buono follow up, è una scelta importante per la salute dei miei pazienti.

Microtraumi ripetuti nel tempo, come ad esempio sedute impegnative in palestra stressando molto i pettorali, possono causare problemi? In linea teorica sì, ma a livello di gravità un rischio serio è rappresentato dalla mastite. L’infiammazione del tessuto della mammella può provocare la rottura extracapsulare, con conseguente fuoriuscita del silicone. Allo stesso modo, il silicone nella mammella provoca inevitabilmente la mastite. La comparsa di un sieroma, a seguito di una mastite, in una protesi rotta o da anni presente nel seno, può destare alcuni problemi. a quel punto diventa un fenomeno acuto per il quale bisogna intervenire immediatamente.

Quindi cosa consigli?

La raccomandazione è prevenire situazioni di emergenza. Meglio sostituire la protesi in condizioni di benessere, quando tutto va bene, in caso di una recente rottura capsulare o ai primi segni di qualcosa che non funziona, piuttosto che attendere che la patologia degeneri.

In sostanza suggerisci di sostituire le protesi prima che si manifestino sintomi importanti?

Assolutamente sì. Se gli esami radiologici evidenziano anomalie meglio affrontarle subito. Tra l’altro, cosa molto importante, una sostituzione di protesi è un intervento molto meno importante che un impianto. Una sostituzione di protesi in benessere è un’operazione semplice che si fa in regime di day hospital, non comporta dolore né applicazione di drenaggio. Tutto questo nei casi in cui non debba essere cambiata la forma.

Anche qui la prevenzione è essenziale.

Esatto. È molto importante controllare i seni e le protesi nel tempo, interpellando lo specialista per tempo, così da intervenire ai primi sintomi. In pratica, se si riscontra un’anomalia non grave è importante tenerla controllata nel tempo e intervenire se ad esempio dopo un anno si nota un peggioramento.

Il lipofilling, ovvero il riempimento di un tessuto con grasso proveniente dal paziente, può essere utile in caso di sostituzione protesi?

Personalmente non credo sia corretto fare un lipofilling all’interno di un intervento di sostituzione protesi. Si tratta di due interventi che, se eseguiti contemporaneamente, compromettono ancor più il precario concetto di ‘sterilità’ in sala operatoria. Meglio invece eseguire un lipofilling dopo la sostituzione di una protesi, per minimizzare la sua visibilità in caso di dimagrimento. A quel punto, si preleva una quantità di grasso e la si inserisce accuratamente tra la protesi e il seno in modo da ricreare un po’ di spessore. È un discorso molto interessante, anche se, nella pratica, accade che la palpabilità delle ‘ondine’ generate dalla protesi sottostante è proprio dovuta a una riduzione del grasso per via di un dimagrimento. Difficile, quindi, fare un lipofilling che utilizza il grasso della stessa paziente. È una metodica di complemento che può essere utile, ad esempio per rendere più omogenea la dimensione di due seni.

In sintesi cosa suggerisci a donne che hanno fatto una mastoplastica additiva qualche anno fa?

Innanzitutto una valutazione estetica. Se non sono più belle esteticamente ed è passato molto tempo, vale la pena fare un miglioramento estetico sostituendo le protesi: in questo caso l’intervento è abbastanza semplice. Se invece piacciono ancora a livello estetico, si fa un esame accurato per valutare la situazione e, in caso di assenza di evidenze negative, si può aspettare a sostituirle. Il consiglio è di sottoporsi annualmente, o al massimo ogni due anni, ai controlli radiologici. Se si evidenzia una mutazione delle condizioni è importante intervenire con la sostituzione.